Randagismo e volontariato in Sardegna
Maria Elena Pisu
Maria Elena Pisu
Randagismo e volontariato in Sardegna
Relatore Maria Elena Pisu: in questa mia conferenza vorrei parlarvi di un fenomeno abbastanza serio ed importante che è il fenomeno del randagismo canino in Sardegna. Prima di tutto è opportuno fare un’analisi del probema. Il randagismo è alimentato per il 50% dai cani rurali, dai cani dei pastori e dei cacciatori, che puntualmente ogni sei mesi fanno figliare i propri cani e che abbandonano i propri cani una volta che hanno terminato il loro ciclo lavorativo.
L’altro 50% del randagismo è alimentato dalle mancate sterilizzazioni. La sterilizzazione è una pratica molto diffusa nel nord italia, mentre invece incontra notevoli difficoltà al sud sia per una questione culturale sia per una questione economica. La sterilizzazione è il punto cardine della lotta al randagismo.
Sarebbe anche opportuno parlare delle cause , dei…dei… scusate ma…è un problema che mi vede coinvolta personalmente per cui ho qualche difficoltà a parlarne in maniera pacata.
Ci sono molti problemi legati al randagismo, uno dei quali è l’incomunicabiltà pubblica. Infatti molti incidenti stardali vengono causati dai cani vaganti. Il randagismo costituisce anche un problema sanitario, in quanto molte malattie vengono trasmesse dai cani vaganti, dai cani randagi. Sopratutto esiste in Sardegna una malattia che si chiama echinococcosi e che viene trasmessa dai cani provenienti dagli ovili.
Il randagismo è un grosso problema economico, anche, in quanto le spese legate al randagismo, essendo un probelma sempre piu’ diffuso, sono sempre in aumento e sono costantemente a carico dei comuni e delle ASL. Non ultimo è un problema etico.
Infatti questo fenomeno non fa altro che dare un’immagine negativa del cane stesso, causando in questo modo, diciamo, degli atti di maltrattamento e di crudeltà nei confronti dei cani randagi. Come viene gestito in questo momento il randagismo. Allora, la responsabilità dei cani randagi è dei comuni e delle ASL. In realtà il problema è gestito in maniera abbastanza, come dire, …emergenziale, nel senso che non esistono veri e propri progetti, che possano guardare ad un futuro in cui non ci saranno più cani randagi.
Il problema è gestito costantemente giorno per giorno. La maggior parte del… i comuni e le ASL affidano quasi esclusivamente la soluzione di questo problema ai canili privati. Cosa possiamo fare in tutto questo. Allora… noi cerchiamo di proporre un modello alternativo a tutto cio.
Allora, noi siamo una cooperativa sociale di tipo B, abbiamo circa una decina di soci, abbiamo però una rete di volontari, di circa 50 volontari che operano sul territorio. Ci distinguiamo noi, co etante altre associazioni, che nascono spontanee nel territorio, perchè abbiamo la passione per gli animali, perchè pensiamo di fare questo tipo di attività, spinti, comunque, dall’amore per i cani.
Allora, vorrei spiegarvi la differenza tra l’arrivo di un cane in un canile privato ed in un rifugio gestito da volontari. Allora, in un canile privato il cane arriva dietro segnalazione del Comune o della ASL, arriva con l’accalapiacani. Significa che si fa di tutto per catturarlo nel territorio con dei metodi anche un po coercitivi, dopodiche’ arriva in un canile. In questo canile viene messo in quarantena. Cio’ significa che vedrà un operaio, una figura una volta al giorno che gli pulirà il box, che gli darà da mangiare, e basta. Questa è la sua vita.
Fino a che qulcuno, forse, forse, non andrà ad adottarlo. L’adozione di un cane in un canile privato è una operazione abbastanza semplice, perchè basta presentarsi in un canile privato, avere un documento d’identità, e ci si porta via il cane. Nessuno fa i controlli pre-adozione e nessuno fa i controlli post-adozione.
Quando noi associazioni di volontariato, che operiamo nel territorio, invece, ci occupiamo di un cane randagio in genere rispondiamo quasi sempre ad una richiesta d’aiuto o, comunque, uno dei nostri volontari ha individuato il cane. Andiamo a cercarcelo, in patrica. Andiamo a cercarlo nel territorio, organizziamo una rete di volontari e ci prendiamo il cane. Cercando di fargli meno male possibile, ovviamente, nel migliore dei modi.
Il cane in questo modo viene portato dal veterinario, viene valutato il suo stato fisico, non sempre…quasi sempre i cani che noi troviamo sono affetti da leismaniosi… vi ricordo cher la leismaniosi è una malattia endemica che in Sardegna colpisce otto cani su dieci mediamente, ..dopodiche, fatte le analisi e prestate le prime cure il cane viene trasferito in un rifugio oppure in stalla nell’abitazione di uno dei volontari.
Dopodichè cosa succede, allora,..il cane viene recuperato sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista psicologico. Quasi sempre questi cani che vengono recuperati hanno delle fobie, sono stati maltrattati, insomma presentano delle serie difficoltà a trovare una famiglia.
Una volta recuperato il cane, tutti i volontari si prestano per potergli trovare una casa. Cio’ significa che gli si deve trovare una casa più adatta a lui. Perciò, prima di consegnare il cane ad una famiglia, vengono fatti tutti i controlli pre-affido, e successivamente una volta portato il cane presso la famiglia, perchè noi lo portiamo presso la casa in cui dopo andrà a vivere, …dopodichè verranno fatti tutti i controlli post-affido.
Così si conclude l’adozione, che è nettamente diversa da quella che si verifca presso un canile privato. Il canile privato in genere prende per ogni cane che accoglie presso le proprie strutture una media di 3 euro- 3 euro e 60 al giorno. I volontari che accolgono i cani presso i propri rifugi non percepiscono nulla.
Questo cosa significa. Significa che il 50% di questo fenomeno è a carico dei comuni e delle asl. L’altro 50% è a carico dei volontari o comunque delle persone di buona volontà.
In tutta questa serie di problemi, noi vorremo fare una proposta. Pensiamo di poter avere una soluzione alternativa a quelli che sono gli standard attuali. Pensiamo che la soluzione al problema del randagismo debba essere organizzato in una serie di azioni utili, non a gestire il fenomeno come attualmente viene fatto, ma a risolverlo.
La prima azione da compiere è quella di organizzare delle campagne di sterilizzazione a tappeto. A parte i cani che devono essere sterilizzati nei canili, sarebbe oppotuno che le asl provvedessero alla sterilizzazione gratuita dei cani ospiti dei rifugi privati, per esempio. Oppure, provvedesse alla sterilizzazione dei cani di proprietà delle famiglie disagiate, per esempio.
Un’altra soluzione sarebbe quella di sterilizzare obbligatoriamente i cani dei cacciatoori e dei pastori. Anzi, sarebbe anche opportuno che venga definito un numero massimo di cani detenuti sia da pastori che da cacciatori.
Altra soluzione, da applicarsi sempre e contemporaneamente a tutte le altre, sarebbe indispensabile svolgere delle campagne di microcippatura gratuita per tutti i cittadini presso ogni comune. Un’altra cosa da fare sarebbe dare degli incentivi a coloro che adottano un cane…ma non solo, attualmente vengono dati degli incentivi a che adotta un cane da un canile privato o da un canile comunale,… in realtà sarebbe opportuno anche dare degli incentivi a coloro che adottano un cane anche dai rifugi o comunque dai volontari che operano sul territorio.
Altre attività potrebbero essere: l’inserimento nelle scuole dell’educazione cinofila obbligatoria, in questo modo si insegna ai bambini ed ai ragazzi al rispetto per gli animali ma anche al rispetto per l’ambiente; in tutto cio sarebbe opportuno, anche, che le istituzioni tenessero piu’ in considerazione comunque le associazioni che operano nel territorio, perchè lo fanno in maniera volontaria e gratuita.
diciamo che in conclusione, sarebbe opportuno che…, a parte che mi auguro, insomma che, questa mia conferenza sia servita a sensibilizzare le persone che l’ascolteranno.. spero di essere stata abbastanza chiara e spero che si sia capita la passione con cui noi operiamo, però mi auguro anche che le istituzioni siano più coinvolte nella soluzione di questo problema. In particolare ci auguriamo che la regione Sardegna possa stendere i prossimi piani regionali sulla lotta al randagismo considerando le associazioni che operano nel territorio e che conoscono perfettamente le problematiche del territorio. Grazie
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